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la percezione normale dei colori 43

privilegio solo alle mille forme d’impotenza al linguaggio dei colori, che pur devono mostrarsi con altrettanto sconclusionati e dispiacevoli aspetti, non solo quando disegno, idea e sentimento malamente espressi dicono che si è in presenza di un inetto all’arte del colorire ma anche quando i difetti cromatici si trovano accoppiati a cospicui valori di forma, d’invenzione, di scienza, non essendo detto che questi pregi debbano necessariamente essere congiunti colle doti particolari che distinguono il pittore per eccellenza, quello cioè nel quale il senso del colore e l’attitudine a dimostrarlo col pennello soverchia ogni altra sua qualità.

Chi non ha veduto i cattivi dipinti di Gustavo Dorè, l’immaginoso e inesauribile compositore di disegni, non può persuadersi delle bizzarrie del caso nel distribuire qualità artistiche, come non è sempre dato di verificare sin dove giunga la degenerazione del gusto del colorito nei rami inferiori dell’arte per semplice abbandono dello studio del vero, e tutto ciò senz’ombra di difetto organico dell’occhio, senza obbligo di applicare contrariamente alla più elementare filosofia della statistica la percentuale dei daltonici in certe professioni ai pittori, o allarmarsi pel dubbio che un aberrato del senso cromatico potesse fare scuola!

Togliendo dunque ai pittori il falso privilegio di un modo singolare di vedere i colori non si intacca menomamente il loro diritto di preferire delle colorazioni diverse da quelle scelte da altri nel comune patrimonio del vero, nemmeno si compromette il piacere di avere della varietà nelle opere d’arte essendo questa assicurata già dalla varietà infinita degli aspetti delle cose naturali, mentre la concessione di un modo singolo di interpretare il colore implicherebbe in sé l’impossibilità per ciascun pittore di uscire da quella cerchia di effetti che sin dal primo dipinto avesse manifestato.