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la percezione normale dei colori 41

determinate gradazioni di tinte, ed è quindi illogico concludere dalla inettitudine all’impiego del materiale pittorico tanto un difetto organico del senso visivo, quanto il così detto modo proprio di vedere, che si attribuisce ad ogni singolo pittore, partendo dal fatto che tutti i pittori hanno nei proprî quadri persistenti tendenze di colore ed offrono risultati diversi l’uno dall’altro, anche se evidentemente si tratti della copia dello stesso oggetto.

Per ciò l’artista che riesce meglio nella imitazione dei colori, sbaglierebbe molto ritenendosi dotato di un occhio migliore di qualunque altro normale, e stimando indispensabile il suo concorso quando si trattasse di precisare se due colori sono eguali fra di loro o con un terzo, come sbaglierebbe assai quegli che non riescendo nella imitazione pittorica si giudicasse inetto ad intervenire ogni qualvolta vi fosse da decidere sulla questione della eguaglianza dei colori.

Si è considerata nei casi suesposti la copia dei colori ridotta alla più semplice espressione, la tinta uniforme, la meno difficile da cogliersi, perché generalmente suppone una estesa superfice che pel tempo necessario a coprirla dà agio di perfezionarne l’imitazione, ad ogni nuovo tocco di pennello ricavandosi sussidio nuovo di confronti.

Ora se si avverte che negli oggetti naturali la grande varietà dei riflessi e il modo stesso della propagazione della luce fanno sì che mai vi possono essere due punti dello stesso colore, nello stesso grado di chiaroscuro, se non su parti di oggetti eguali posti sullo stesso piano ed alla stessa distanza dalla sorgente luminosa, quanto dire che estensioni uniformi di colori non accadono mai, apparisce con abbastanza evidenza come dal vero, anche per artisti dotati di certo intuito degli effetti dei miscugli della tavolozza e di una normale percezione di eguaglianza, la copia possa