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la percezione normale dei colori 39

imitare e sulla tavolozza non essendovi che dei colori puri come il bianco, il giallo, il rosso, il verde, l’azzurro, il violetto ed il nero o varietà sempre più intense che non il grigio rossastro, il pittore dovrà forzatamente mescolarne diversi per ottenere la tinta grigio-rossa cercata. Ma per iniziare i suoi miscugli da quale punto fisso deve partire?

Evidentemente qui non è più l’occhio che agisce ma il ragionamento, anzi una somma di ragionamenti che non sono meno tali perché si possono fare senza muovere labbro e perché si vedono compiere molto spesso da pittori la cui educazione eccessivamente pratica non li pone in grado di poterli tradurre in parole, ma non per questo meno ragionamenti dei più logici, fondati o sull’esperienza altrui o sulla propria osservazione dei mezzi dell’arte se il risultato si vede corrispondere ad un esito positivo, come il ricavare da colori che in sè sono effettivamente diversi l’eguaglianza con altre tinte.

Con tutti i colori, opportunamente mescolati, è possibile arrivare al grigio e, lasciando prevalere il rosso, giungere ad un grigio rossastro. Ciò teoricamente, ma in pratica e di fronte ad un determinato grigio, come quello dato a modello (e vale lo stesso per qualsiasi genere di tinta che non esista bell’e fatta sulla tavolozza), quante mai gradazioni escono nel percorrere i varî stadî di ricerca ogni volta che il pennello si intinge nel bianco, nel nero, nel rosso e via via, nel giallo, nel verde, e quanti ne possono occorrere per arrivare alla imitazione del tipo stabilito!

Ognuno vede che nel copiare non è più questione di percepire la somiglianza di due colori, ma di capire per quali colori e per quale quantità di certi colori si può pervenire all’imitazione di un tipo dato. Una sbadataggine nel dare preferenza al cinabro rosso invece che ad una terra rossa; ad un giallo di zinco o ad