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il divisionismo 257

contenuto, ina è indubbio che sinora solo la velatura si presta e compenetra fra il colore suddiviso in modo da non apparirvi discordante, mentre l'impasto, come si è già detto, fa macchia comunque interposto ad un tratto qualsivoglia di colori scomposti, e la promiscuità di impasti e di divisionismo oltre allo squilibrio luminoso che trascina fra le parti eseguite con simile diversità di adattamento del colore genera quanto mai il senso di discontinuità di metodo che non è più l'offesa ad un mero convenzionalismo, ma intacca lo stile dell’opera.

L'aumento di intensità luminosa che apporta la scomposizione del colore, cozza contro l’inerte aspetto delle tinte d'impasto in tal guisa che tanto il degradare insensibile del meccanismo di scomposizione per raggiungere la opposta struttura necessaria dell’impasto quanto il tenere a grande distanza le parti dipinte con uno dei metodi da quelle condotte coll’altro, nello stesso dipinto sdoppia l’effetto complessivo a tutto scapito dell'impressione migliore che l’opera stessa potrebbe produrre essendo eseguita con uno solo dei meccanismi.

Nè infatti l'illusione di maggiore o minor verità di un colore potrebbe dipendere da una convenienza di soddisfare ad un'abitudine professionale, come è certamente quella di ribellarsi all'adozione di un mezzo tecnico solo perchè sconcerta un prestabilito e comodo sistema di lavoro; nè ai fini dell'arte necessita che l'avvento di un'utile: conquista tecnica si amalgami coi procedimenti già invalsi nell'arte perchè al professionista sia dato di non sconvolgere le sue abitudini diventate abitudini e godimento della cerchia particolare dei suoi ammiratori.

L'impero di queste abitudini spiega l'opposizione più o meno estesa che l'innovazione tecnica può incontrare proporzionatamente al disordine d’idee e di indirizzi d’arte