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sguardo retrospettivo sulla teorica e la tecnica 159


La proprietà principale della velatura essendo dunque quella di eliminare la luce bianca riflessa dallo strato più superficiale del colore, quella quantità di luce bianca che essendo inevitabilmente compagna del colore compatto impedisce che il colore a corpo possa mai raggiungere una saturazione completa, né destare l'idea di ombra che è significazione di assenza di luce, rende giovevole la velatura nelle ombre ed è noto l’uso grandissimo che se ne fece in tale senso dagli antichi pittori, per escludere che essa potesse mai venire considerata come un mezzo per ottenere della intensità luminosa, comprovandosi così che anche nei meccanismi tecnici più usitati dell’arte antica mancava l'elemento tecnico idoneo a trasfondere nel dipinto quella vibrazione luminosa che per necessità di cognizioni, di esempi e di metodi non si seppe ricavare che dal contrasto del bianco e del nero, incontrandosi così l'inevitabile impressione di oscurità nelle opere dove più accentuato fu l'uso di questo artificio, che doveva necessariamente mostrarsi prevalente nei ricercatori di luce vibrata.

Ora è facile comprendere come tutta la teorica di Leonardo da Vinci insegni ad evitare gli effetti di irradiazione della luce dell’aperto preferendo sempre la copia del vero quando le nubi attenuano la chiarezza delle luci, e l'ombre si decidono in masse più grandi e morbide quali permettono di applicare, senza grave urto all'effetto d'insieme, gli studi di chiaroscuro elaborati nei luoghi racchiusi. Così Leonardo stima la migliore delle luci quella inclinata di 45 gradi, e migliore il rapporto di un quarto d'ombra sull'intero dei corpi illuminati, onde la scelta dell’effetto luminoso dei vecchi dipinti si viene a ridurre in una sola formula, com'è veramente, né poteva essere altrimenti, per tutte le ragioni dette.

Anzi, ciò che forma il merito ed insieme il carattere