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sguardo retrospettivo sulla teorica e la tecnica 149

proprietà di questi colori e singolarmente dei colori immaginarî, e quindi del contrasto dei colori non si sia mai ordinatamente fatto parola negli antichi autori che scrissero della pittura, comprendendo naturalmente in questi anche il Mengs, -che di proposito deliberato rinunziò a valersi delle cognizioni fisiche del tempo: l'accenno che egli fa alla teoria dei tre colori fondamentali non provando altro se non che tale falsa teoria aveva già messo radici nel campo dell’arte molto tempo avanti che Brewster se ne facesse sostenitore scientifico.

E che non si potesse attribuire altro significato alle esplicazioni dei trattatisti sul rapporto del bianco e del nero colla luce e l'ombra naturale che quello di un'equivalenza che poteva essere raggiunta coll'abbondare nel nero lo dimostrano, come non si potrebbe dippiù, le massime che in trattati meno conosciuti, ma che pure ebbero la loro influenza nella cerchia dell’arte, si vennero ricavando dalle definizioni di bianco e nero, luce ed ombra già dichiarate, e per le applicazioni consone che ne furono fatte dai pittori. Nel trattato di pittura di D'Andrè Bardon, comparso a Parigi nel 1765, si leggono questi precetti alla pag. 114 e seg. « Le masse scure hanno il loro vigore dalla loro estensione piuttosto che dalla loro oscurità e devono essere di tanta maggior vaghezza che esse sono più estese. Ne seguirà che più le masse scure saranno grandi più il quadro sarà luminoso ».

« Le mezze tinte sono le molle più proprie per far muovere una macchina pittorica. Esse servono ugualmente a mettere in rilievo il bagliore delle luci e la fierezza delle ombre. Il volume delle masse di mezze tinte deve essere più considerevole che quello delle luci per il principio generale che prescrive che qualunque massa che sostiene sta più grande che la massa sostenuta, se il sostegno è meno