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sguardo retrospettivo sulla teorica e la tecnica 139

vibrazione luminosa ossia per quel senso di luce che oltrepassa l'aspetto comune del bianco, provvedendosi coll’esclusivo mezzo di restringere i bianchi contrapponendovi la più ampia ed intensa oscurità possibile, rappresentata conseguentemente dal nero.

Ed esaminate le tecniche dei tenebristi e dei loro oppositori, emerge cori evidenza il concetto più giusto dell’effetto luminoso in quelle oscure tele dove i tocchi chiari si mostrano senza tante ripetizioni e rialzi artificiosi, essendovi condensata tutta la elaborazione meccanica nelle ombre. Segno che l’artista era già sin dall’inizio della sua opera persuaso che il senso di luce dei suoi chiari non poteva essere espresso per le qualità che aveva in sè il colore materiale, ma non poteva risultare come efficente di senso luminoso finché dall’ombra non fosse raggiunto un determinato contrasto. Mentre quei fiacchi pittori che furono il D'Arpino e gli Zuccheri ed i Barocci, amanti delle ombre chiare e molto riflessate, per un malinteso senso decorativo dell'effetto luminoso, tormentavano la parte dei lumi sopraccaricandole di colore sino a far gonfiare la tela che li sostiene, giacché tale rigonfio è la conseguenza, immancabile col tempo, della parte della tela che è più contratta dal colore sostenuto.

E ciò indica in modo manifesto che questi pittori, distribuito il loro effetto generale del quadro complessivamente chiaro, sentivano che i lumi, o diremo meglio i bianchi che dovevano funzionare come lumi, mancavano di vibrazione. Né potendosi questa ottenere, cogli impasti, se non per forti contrapposti di nero, istintivamente ritornavano col pennello carico di nuovo bianco sui punti chiari, esaurendo così le risorse della tavolozza dal lato dei chiari senz'altro risultato che di ingrossarne lo strato ed altresì la visibilità come semplice materiale, che è il senso rimasto