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variazioni delle luci. - riflessi ed ombre 119

tinte composte e non accada assai spesso di non sapere a quale causa attribuirne la comparsa sul vero e mancare così il sussidio più valido per l’interpretazione pittorica.

Tuttavia la legge della colorazione dei riflessi non è in fondo che quella istessa che impera sulle mescolanze delle luci semplici, ed è piuttosto il ricordo di tali leggi che non assiste il pittore, quando è tutto compreso dallo spettacolo del vero, che non forse la difficoltà in sé medesima di decifrare gli effetti promiscui dei riflessi, quando nella scena abbracciata dallo sguardo si comprendono le cagioni dei riflessi stessi.

Leonardo da Vinci trattò della « riverberazione » e definì parecchie proprietà di queste luci causate « dai corpi di chiara qualità, di piana e semidensa superficie, li quali percossi dal lume, quello a similitudine del balzo della palla ripercuote nel primo obbietto » (Cap. LXXV).

E dimostrò: che i riflessi non hanno luogo dalla parte dei corpi volti a corpi ombrosi:

che tanto più i riflessi sono partecipanti della cosa dove si generano quanto è più pulita la superficie che li genera:

che la visibilità dei riflessi è maggiore nei corpi oscuri, minima se il corpo riflettente distacca su di una superficie chiara:

che la parte più chiara dei riflessi, è quella che riceve il lume fra angoli uguali:

che i riflessi duplicati e triplicati, annientano la forza dell’ombre interposte ai riflessi:

che nella carne che ha la sua luce da altra carne, i riflessi sono più rossi che in nessuna altra parte.

Infine che tutti i colori riflessi sono di minor luminosità che il lume retto, tale essendo il rapporto fra la luce retta e il riflesso che è fra il corpo riflettente ed il riflesso. Intravvide pure Leonardo che « quando li obbietti vicini