Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
i fisionomisti nel seicento | 123 |
l’interpretazione dell’epoca, doveva nelle sue applicazioni pratiche togliere o diminuire il concetto di responsabilità e di libero arbitrio, cardini di un sistema religioso che promette premi e che minaccia castighi. E il Niquezio non solo raccoglie quanto sull’argomento gli è venuto a conoscenza nelle opere degli antichi, ma vi aggiunge osservazioni, documenti ed esperienze proprie, e cerca, con un tentativo che ai nostri giorni abbiamo visto ripetersi per le teoriche dell’evoluzione, di mettere in accordo, di conciliare i dati dell’esperimento e della scienza fisiognomica col dogma della rivelazione e colle Sacre Scritture.
Nella prefazione il Niquezio confessa che da giovane era stato colpito dalla lettura della Fisiognomica di Aristotele; ma che pur troppo aveva abbandonato poi ogni cogitazione sull’argomento; quando in Roma da erudito sane viro animatus ha ripreso il lavoro per correggere la vanità di coloro che si mostravano sprezzanti di quest’arte curiosa e per condurli allo studio degli arcani della natura.
È una vera missione che egli si prefigge e dimostra una sincerità di intento, rara in genere nelle opere scolastiche di quel tempo.
Egli non capisce, per esempio, come si possano trarre dei precetti in medicina senza essere valenti nelle congetture e nello studio della Fi-