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82 | I Vicerè |
meno di mille! E la rendita, la rendita! Fino a cinque mila ducati li sapevo io!... Capisci adesso? Hai visto come v’ha rubati il tuo caro fratello? Quel ladro del signor Marco gli ha tenuto il sacco! Rubàti! Rubàti! Se non gridate, se non vi fate sentire, siete degni che vi sputino in viso.
Non la finiva più, dimostrando al nipote, intontito dalle grida, la nuova magagna. Perchè mai, dunque, Giacomo lasciava al suo posto il signor Marco, mentre aveva già cacciato via tutti i servi protetti dalla madre, il cocchiere maggiore, il cuoco, tutti coloro ai quali ella aveva lasciato qualcosa? Quel «porco» del signor Marco, l’«anima dannata» della defunta, avrebbe dovuto esser preso «a calci nel preterito» appena la sua protettrice aveva chiuso gli occhi; invece perchè mai, dopo due mesi, era ancora in servizio? Appunto perchè, appena morta la padrona antica, s’era buttato «vigliaccamente» ai piedi del padrone nuovo, gli aveva consegnato ogni cosa, gli aveva lasciato «rubare» i valori che andavano «a tutti» o per lo meno «al coerede!...»
E quella bestia di Ferdinando che faceva l’ingenuo, che non voleva credere a tante porcherie e si dichiarava grato alla madre pel condono delle mille e cinquecent’onze! Quasi che quello strozzato contratto tra madre e figlio non fosse stato immorale, quasi che la principessa non avesse a bella posta stabilito un canone superiore al frutto del podere per meglio impaniar quell’allocco!... Tuttavia, a furia di predicargli che gli toccava di più, che egli avrebbe potuto esser ricco più del doppio, più del triplo, il monaco sarebbe forse riuscito a scuotere il nipote se, come parlando male del marito a Chiara, non avesse commesso anche con Ferdinando una grave imprudenza. Rifiutando il testamento, chiedendo la divisione legale, Ferdinando temeva che le Ghiande andassero in mano ad altri, o che, per lo meno, egli dovesse spartirle coi fratelli; don Blasco, che gli dimostrava la possibilità di tenerle tutte per sè, un giorno gli cantò: