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I Vicerè 81

ogni speranza, e a don Blasco, il quale gli si metteva alle costole per indurlo a ribellarsi:

― Come? ― diceva, candidamente, lasciando di piallare o di rimondare. ― Non è abbastanza quello che ho avuto?

― Ma ti tocca il triplo, per lo meno! Sei stato truffato con tutti gli altri! Ti tocca, in rate eguali con tutti gli altri, la parte di tuo padre, che è il momento di rivendicare! E non sai che Giacomo non ti mandò neppure a chiamare, il giorno della morte di tua madre?

― Non è possibile! ― rispondeva Ferdinando, scandalizzato. ― E perchè, poi?

― Per far sparire carte e valori! Scappò lassù, si mise a rovistolare tutta la villa: le cose si risanno! E poi ha fatto la commedia dei suggelli! Te ne accorgerai all’atto dell’inventario, anima candida!

Il monaco smaniava dall’impazienza per quest’inventario; ma il principe invece pareva non avesse fretta di conoscere quel che c’era in casa, non parlava d’affari a nessuno dei fratelli e delle sorelle, neppure al coerede Raimondo, il quale, da parte sua, pensava a tutto, fuorchè a chiedergliene conto. Nonostante il lutto, stava sempre fuori casa, al Casino dei Nobili, a ragionar di Firenze coi vecchi amici, a far la sua partita o a giudicare gli equipaggi che sfilavano nell’ora del passeggio. E don Blasco intronava le orecchie di Ferdinando d’invettive contro il fratello. Era uno «scandalo, una mancanza di rispetto alla morta calda ancora,» la condotta di quello scapestrato che badava unicamente a spassarsi, che non era venuto a «chiuder gli occhi alla madre,» neppure per amor dei quattrini che ella gli voleva dare brevi manu, «rubandoli agli altri!...» Ora il giorno che, cominciato finalmente l’inventario, risultò che in cassa c’erano soltanto cinque onze e due tarì di contanti, e un titolo di rendita di cento ducati, il monaco corse alle Ghiande come impazzito.

― Hai visto? Hai visto? Hai visto? E quand’io dicevo? Cinque onze! Tua madre non ne teneva mai

           I Vicerè — 6