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I Vicerè 641


— Eccellente! — fece Baldassarre, scrollando il capo.

I membri del comitato, quella sera, riferivano i nomi degli elettori amici che avevano fatto iscrivere nelle liste. L’ex-servo s’avvicinò a Consalvo.

— Signor principe, — non gli dava più, per democrazia, dell’Eccellenza, la nostra società ha fatto iscrivere una cinquantina di elettori. Sono tutti nostri!

— La ringrazio; non so come ringraziarla.

— Si figuri, per carità: dovere! Vinceremo certamente! La vittoria è nostra!

— Accetto di cuore l’augurio cortese.

E Baldassarre, dimenticato il torto che gli aveva fatto il principe defunto, si fece in quattro per assicurare il trionfo del principino, divenne in breve uno dei suoi luogotenenti. Egli faceva i suoi rapporti a Consalvo, ne riceveva le istruzioni, gli dava a sua volta consigli; e il padrone e il servo erano scomparsi, sedevano a fianco alla stessa tavola, il principe passava la carta e la penna all’antico creato, si davano del lei come due diplomatici stipulanti un trattato.

La lotta diveniva frattanto più aspra. Consalvo aveva fatto fare certe aperture ai capi clericali, ma costoro avevano risposto che la sua alleanza con Lisi e Giardona rendeva impossibile qualunque accordo. Giulente boccheggiava. Per salvare il municipio aveva dovuto imporre nuove tasse, aggravare le antiche, congedare impiegati, lasciare in asso tutte le opere non finite, ridurre tutte le spese; e la solievazione era generale contro di lui per l’odiosità delle imposte, la gretteria eretta a sistema. La sua lunga aspirazione all’eredità politica dello zio, la stessa malattia di fegato erano un po’ ridicole: sua moglie finiva di rovinarlo vantando il suo patriottismo dopo averlo deriso: «Al Volturno stava per lasciare una gamba!...» domandando a tutte le persone, ai commessi di negozio, ai venditori ambulanti: «Non siete elettore?... Allora andate a farvi iscrivere...» Ed ella gli aveva finalmente consegnato i conti dell’am-

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