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I Vicerè 629

rivelava lo spasimo che quelle vicinanze e quei contatti gli facevano soffrire. Istruito con precedenza, teneva lunghi discorsi sui bisogni del paese, sulla crisi dei vini o degli agrumi, sulla gravezza delle imposte, e prometteva leggi intese a proteggere l’agricoltura, assicurava lenimenti di tasse, premii, agevolezze di ogni genere. La sua teoria era quella del progresso, «del progresso che mai non s’arresta....» ma, se vedeva pender dalle pareti i ritratti di Garibaldi e di Mazzini, insisteva sull’urgenza di «più ampie libertà richieste dallo spirito dei tempi;» se vedeva quelli della famiglia reale, riconosceva la necessità di andare «coi calzari di piombo.» Quasi sempre egli trovava qualcuno che gli faceva da guida, ma talvolta non c’era nessuno che potesse presentarlo nei circoli più intransigenti: allora egli si presentava da sè, chiedeva del «signor presidente,» annunziava che trovandosi di passaggio aveva desiderio di visitare «questo sodalizio tanto benemerito del paese.»

Quasi da per tutto si guadagnava simpatie e accaparrava voti. Il solo fatto che don Consalvo Uzeda principe di Francalanza faceva loro una visita, disponeva quegli umili in favor suo. Le strette di mano, i discorsi famigliari, le grandi frasi e le promesse convertivano i più restii. Molti però recalcitravano; egli otteneva tuttavia l’effetto di metter la scissura dove prima era l’accordo. Una dozzina di società lo elessero, seduta stante, presidente onorario; egli ringraziò per «l’insigne onore di cui sarei indegno se non avessi da far valere l’immenso affetto per gli operai, i cui miglioramenti, il cui benessere, la cui felicità sono stati e saranno sempre lo scopo della mia vita.» Dopo i discorsi ufficiali egli soggiungeva: «Quando avrete bisogno di me, quando verrete in città, rammentatevi che la mia casa è la vostra....»

E ancora non si parlava dell’elezione. Esaurito quel primo punto del suo programma, egli passò al secondo, cioè all’accordo con gli altri candidati. Per tre seggi, c’era una dozzina d’sepiranti; ma tolte le pretensioni