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628 | I Vicerè |
lizza. Mentre, tra la classe borghese, gli antichi moderati, gli ammiratori di Lanza e di Sella erano costretti a nascondersi, le nuove falangi di elettori parlavano di più grandi libertà, di più radicali riforme, di repubblica e di socialismo. Ma queste parole, spaventando i progressisti timorati, potevano spingerli tra le file dei conservatori, dar nuova vita al boccheggiante moderatismo. Il posto più vantaggioso era dunque tra i progressisti e i radicali. Consalvo di Francalanza lo prese immediatamente. La sua ascrizione al partito di Sinistra, la sua rottura con lo zio dopo la «rivoluzione parlamentare» del 1876, legittimavano il programma ultra-liberale che egli veniva annunziando.
Appena andato via dal municipio, aveva cominciato il lavorìo fuori città, nelle sezioni rurali. Popolani e contadini si svegliavano laggiù alla politica; c’erano società operaie, circoli agricoli, casini democratici ordinati e disciplinati, coi quali bisognava venire a patti. I nobili, i borghesi, i facoltosi furono conquistati subito. Accompagnato da amici e ammiratori spontaneamente offertisi, egli cominciò il giro del collegio. Il sindaco, il signore più ricco, o la persona più influente dava un pranzo o un ricevimento in suo onore, invitando gli altri maggiorenti. Non si diceva una parola delle elezioni, ma il principe, affabile con tutti, s’informava dei bisogni del paese, ascoltava i reclami di tutti, prendeva note sopra un taccuino, e lasciava la gente ammaliata dai suoi modi cortesi, sbalordita dalla sua eloquenza e soddisfatta come se egli avesse scritto il decreto per la costruzione della ferrovia, per la riparazione delle strade, per il traslocamento del pretore. Ma, dopo il banchetto o la refezione, dopo la visita ai capoccia, Consalvo andava alla sede delle società popolari. Lì, in quelle piccole stanze con mobili sospetti, affollate da povera gente dalle mani callose, cominciava il suo tormento. Egli stringeva quelle mani, senza guanti; si mescolava a quegli umili, sedeva tra loro, accettava i rinfreschi che gli offrivano, e non un moto dei suoi muscoil