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I Vicerè 591

ma non bigotta, ella non poteva condannare, per esempio, la soppressione delle fraterie, udendo narrare — adesso che era maritata — gli scandali dei Benedettini. E perchè mai il Papa ostinavasi a pretendere il dominio temporale, se Gesù aveva detto: «Il mio regno non è di questo mondo...?» Ma simili opinioni, che avrebbero fatto scomunicare ogni altra, erano in lei tollerate dai suoi confidenti spirituali, i quali del resto le stavano attorno, tiravano partito della sua pietà, dell’influenza che esercitava sul fratello sindaco. Se volevano far entrare certi ragazzi all’Ospizio di beneficenza o certi vecchi a quello di mendicità o certi ammalati agli ospedali; se bisognava sostenere le Suore di carità che gli atei volevano mandar via, oppure ottenere a prezzi di favore il terreno per gli asili cattolici; se sorgevano contestazioni tra il Municipio e la Curia, Teresa serviva da intermediaria, otteneva spesso da Consalvo quanto gli chiedeva. Ma gli scherzi, i motteggi, le scettiche dichiarazioni del fratello che diceva di concedere quelle cose per ottenere il ricambio a suo tempo, le facevano male. Una volta che ella gli rimproverò la mancanza di carattere, ei rispose sorridendo:

— Mia cara, non sai la storia di quello che vedeva una festuca negli occhi altrui e non la trave nei proprii? Pensa un po’ a ciò che hai fatto tu stessa!

Erano soli. Ella chinò il capo.

— Volevi sposar Giovannino, ed hai preso Michele che non volevi: è vero, sì o no? Ed era un atto gravissimo, il più grave di tutta la vita, quello che decide dell’esistenza.... Hai fatto così per mancanza di carattere, potrei dirti per seguire il tuo esempio. Io dirò invece che l’hai fatto perchè t’è convenuto! Il carattere, tienlo bene a mente, è ciò che torna conto....

Ella continuò a tacere. Era la prima volta che il fratello le parlava di quelle cose intime. Ma, quasi per correggere ciò che vi potea esser d’urtante nelle sue parole, Consalvo riprese:

— Del resto, non te ne faccio colpa. Può darsi che