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584 | I Vicerè |
dell’altare tra ridente ed attonito. Ella distribuì tutto quel che aveva in tasca ai poveri e risalì in carrozza. La duchessa madre ordinò al cocchiere di andare a fermarsi al Caffè di Sicilia.
Lì, il cameriere non aveva ancora portato i gelati, che una voce alterata esclamò dietro la carrozza:
— Teresa.... Mamma....
Era il duca, irriconoscibile, con la camicia disfatta dal sudore, pallido come un morto. Volto al cocchiere, mentre esse domandavano sgomente:
— Che c’è?... Michele!... Che hai?...
— Torna a casa! — ordinava egli. — Torna subito....
E aprì lo sportello, salì, si gettò a sedere accanto alla balia.
— Mio padre?... Il bambino? — esclamava già Teresa, afferrandogli una mano; ma egli:
— No, no....
E mentre i cavalli, sferzati, partivano traendo scintille dal lastricato, spiegò finalmente:
— Giovannino.... Un telegramma del fattore.... La perniciosa!... Sono corso dal dottore, poi alla stazione.... Vi ho cercato da per tutto.... Partirò stanotte, con un treno straordinario....
Nel primo momento, Teresa provò quasi un senso di sollievo. Smarrita alla vista del marito, atterrita dalle sue oscure parole, aveva creduto alle più terribili catastrofi: la morte del padre, un’improvvisa minaccia per l’altro suo figlio. Assicurata che nessuno dei suoi era in pericolo, ella non attribuì molta gravità alla malattia del cognato. Poichè Michele perdeva la testa, e la suocera, improvvisamente intenerita per quel figliuolo che aveva tanto trascurato, smaniava adesso e parlava di partire, di correre a chiamare altri dottori, ella sentiva che toccava a lei ragionare. Letto il telegramma del fattore, la sua fiducia s’affermò. Il telegramma diceva: «Fratello Vostra Eccellenza trovasi a letto con febbre