Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
536 | I Vicerè |
della popolazione volevano la festa, l’ovazione si mutò in trionfo: i festaiuoli per poco non lo portarono a braccia per le vie; gli stessi oppositori dovettero riconoscere la sua abilità. Per la festa i suoi balconi furono illuminati a giorno; e poichè la processione della Santa passava sotto casa sua, egli fece dar fuoco a un considerevole numero di bombe e mortaretti.
Il Consiglio, il giorno prima, lo aveva eletto assessore.
Giusto per la festa, in casa del principe ci fu grande ricevimento: la duchessa coi figliuoli arrivò tra i primi, e Giovannino, presa a parte Teresa, le diede la notizia della nomina del fratello. Ella non potè gustarla, perchè il principe era di un umor nero da far spavento. Nella mattina, il tribunale aveva pubblicato la sentenza relativa al testamento di don Blasco; la quale, sulla fede del risultato della perizia, dichiarava false le ultime volontà del Cassinese, buon’anima sua. Quel disastro, coincidente con l’assunzione di Consalvo all’assessorato, era parso al principe una nuova prova del potere jettatorio di «Salut’a noi» e tutto il giorno egli aveva fatto come un pazzo. Ora, perchè non si dicesse che egli era troppo dolente della cosa, sforzavasi di mostrarsi indifferente, di discorrere del più e del meno. Gira e rigira, ogni discorso però finiva con una sfuriata contro i periti corrotti e i giudici birbanti. «Li hanno pagati apposta, per far dire bianco al nero. Se avessi voluto pagarli anch’io, a quest’ora la sentenza direbbe tutto il rovescio....»
Teresa aiutava la madre a servire gl’invitati; il duca Radalì non si faceva pregare, sempre pronto a bere ed a mangiare; ma Giovannino aspettava che Teresa avesse finito per servirla egli stesso. Ella assaggiò appena il gelato che il giovane le offrì. Il malumore del padre non le dava cuore di divertirsi, di goder della festa, della compagnia di Giovannino. Questi non la lasciava