padre possedeva alla Marina. Il giovane non chiedeva di meglio. Arredò il quartiere a modo suo, ed andò a starci contento come una pasqua. Faceva adesso da padrone, non andava più alla messa, riceveva chi voleva, invitava a casa sua i pezzi grossi del Circolo, ai quali mostrava due stanzoni tutti pieni di carta stampata. I vantaggi erano infiniti. A palazzo, non aveva ancora potuto mostrar bene i suoi sentimenti liberali, mettendo fuori lumi e bandiere per le feste patriottiche; qui il 14 marzo e il giorno dello Statuto inalberava un bandierone grande quanto una tenda, e disponeva ai balconi una fila di lampioncini che splendevano malinconicamente nelle tenebre del quartiere deserto. Poi, restava nel suo studio quanto voleva, e prendeva i suoi pasti nelle ore più stravaganti. Studiava l’Enciclopedia popolare, ne mandava a memoria gli articoli riguardanti le quistioni del giorno, e poi sbalordiva l’assemblea con la propria erudizione, dicendo: «Su questa materia hanno scritto Tizio, Caio, Sempronio, Martino, etc., etc.» Come un tempo aveva gettato sulla folla il suo tiro a quattro, così la schiacciava adesso col peso della sua dottrina, e la gente che si tirava da canto, un tempo, per non restar sotto i suoi cavalli, esclamando tuttavia: «Che bell’equipaggio!» adesso lo stava a udire, intronata della sua loquela, dicendo: «Quante cose sa!» La nativa spagnolesca albagia della razza ignorante e prepotente, e la necessità d’adattarsi ai tempi democratici si contemperavano così in lui, a sua insaputa. Pur d’arrivare all’intento, niente lo arrestava, le imprese più ardue non lo sgomentavano; leggeva i libri più pesanti come se fossero romanzi; come un romanzo avrebbe letto un trattato di calcolo sublime. Cavava da quello studio il mediocre profitto che era solo possibile: acquistava una infarinatura di tutto, ammagazzinava cognizioni disparate, idee contraddittorie, una scienza farraginosa e indigesta. Ma, in mezzo alla massa ignorante della nobiltà paesana, si guadagnava la riputazione di «istruito,» e quando la gente minuta udiva nominare il