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520 | I Vicerè |
il fratello. Questi aveva ordinato, di suo capo, senza dirne niente a nessuno, quattro grandi scaffali per disporvi i suoi libri; quando il principe vide arrivare quei mobili, fece chiamare Consalvo e gli domandò concitato:
— Chi t’ha permesso d’ordinar nulla, in casa mia?
Il giovane rispose con la studiata freddezza che faceva imbestialire suo padre:
— Avevo bisogno di questi mobili.
— Qui comando io, t’ho detto molte volte, — ribattè l’altro, facendo sforzi violenti per contenersi. — Non s’ha da piantare un chiodo senza mio permesso! Se vuoi far da padrone, vattene via! Nessuno ti trattiene!... Prendi moglie e rompiti il collo.
— Ho già detto, — rispose Consalvo più freddo che mai, — ho già detto allo zio che non voglio ammogliarmi...
— Ah, non vuoi?... Non vuoi?... Ed io ti butterò via a pedate, bestione! facchino! animale!...
— Tanto meglio, — soggiunse il principino freddo come la neve. — Mi farete piacere...
A un tratto il principe impallidì come se stesse per svenire, poi diventò paonazzo come per un colpo apoplettico, e finalmente proruppe, abbaiando come un cane:
— Fuori di qui!... Fuori di casa mia!... Ora, all’istante, cacciatelo fuori!..."
Accorsero, pallidi ed impauriti, la principessa, Teresa e Baldassarre: con la bava alla bocca, il principe fu trascinato via dalla moglie e dal servo.
Teresa, giunte le mani tremanti dinanzi al fratello, esclamò con voce d’angosciosa rampogna:
— Consalvo!... Consalvo!... Come puoi far questo?
— Tu lo difendi? — rispose il giovane, sempre calmo, ma con voce un po’ stridula. — Difendilo, difendili, gli assassini di nostra madre.
— Ah!
Ella nascose la faccia tra le mani. Quando si guardò intorno, era sola. Un andirivieni di servi, per la