Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
I Vicerè | 517 |
stava sulle spine e faceva segni al marito per dimostrargli il pericolo. Ma il principe era in istretto colloquio col padrone di casa; e a un tratto quel petulante si ripresentò per chiedere alla signorina una mazurca. Allora donna Graziella intervenne:
— Scusate, cavaliere; mia figlia è stanca.
Con una gran stretta al cuore Teresa s’accorse dell’opposizione della madre. Infiammato per averla tenuta un momento fra le braccia, Biancavilla si mise a seguirla per le vie, come l’ombra: la principessa gonfiava, smaniava, soffiava: una volta, sulla porta della chiesa dei Minoriti, passandogli innanzi, esclamò piano, ma in modo che i vicini potessero udirla: «Che seccatore!...»
Teresa pianse a lungo, nascondendo le proprie lacrime, prevedendo che tutte le sue speranze si sarebbero infrante, se i suoi non volevano. Anche i Biancavilla sapevano che gli Uzeda non avrebbero mai consentito a quel matrimonio; ma il giovane, che era ben cotto, insisteva giorno e notte presso la madre e il padre perchè facessero la domanda; tanto che un giorno Biancavilla padre prese il suo coraggio a due mani e andò a parlare col duca. Questi, con grande consumo di «molto onorati» e di «figuratevi con quanto piacere, per me!» gli rispose che ne avrebbe parlato al principe; Giacomo ripetè allo zio le stesse tre parole dette alla moglie, con una piccola variante: «Sono pazzi, poveretti!» Quindi il duca rispose a don Antonio, con molte belle parole, che non se ne poteva far niente, «perchè il principe voleva prima accasare Consalvo.»
Non era un pretesto. Il principe aveva iniziato pratiche coi Cùrcuma ed era andato in casa loro per combinare il matrimonio della baronessina col figlio. Il partito era stato accettato a occhi chiusi, e l’assiduità di Consalvo ai balli del barone fu appresa come l’inizio della sua corte alla signorina. Ma egli non sapeva niente di quello che aveva ordito suo padre, e andava ora in società per