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I Vicerè | 507 |
stina e non voleva riconoscerla, l’odio antico per il marito che le avevano imposto s’era venuto ridestando in lei. La sua testa di Uzeda sterile aveva concepito e maturato un disegno: lasciare Federico, adottare il bastardello e portarselo via; avendo bisogno di quattrini, sperava nella sua parte dell’eredità di don Blasco. Ella, Lucrezia e donna Ferdinanda si nettavano quindi la bocca contro quel falsario di Giacomo, contro quel ladro che voleva la roba del monaco come aveva carpito le Ghiande alla felice memoria di Ferdinando: quello sbirro di Garino aveva proposto ed eseguito il colpo, chè al tempo in cui esercitava l’onorato mestiere di spia s’era provato ad imitare le scritture dei galantuomini, per rovinarli dinanzi alla polizia. Ma il più bello che era? Che un ladro aveva rubato l’altro; giacchè Garino, il quale doveva farsi lasciare dodici tarì al giorno soltanto, aveva calcato la mano, mentre c’era, portando il legato a duecento onze l’anno! Nè il principe poteva fiatare, perchè altrimenti si sarebbe dato la zappa sui piedi!...
Garino e la Sigaraia giuravano e spergiuravano che era tutta un’infamia inventata dalla parentela, la quale non aveva mai potuto andare d’accordo. A chi volevano dunque che la buon’anima lasciasse? Alla sorella ed ai fratelli, che aveva amato come il cane i gatti? L’erede naturale era il principe, il capo della casa! Quanto ad essi, niente di più naturale che la sant’anima si fosse disobbligata dei loro buoni servigi; anzi, per dire la verità, chi si sarebbe aspettata quella miseria di 200 onze, dopo quanto avevano fatto per lui?...
O fatto o non fatto, donna Ferdinanda spedì la prima carta bollata, in cui impugnava il testamento e domandava una perizia al tribunale. Il principe si strinse nelle spalle, ricevendola. Per lui, niente era più doloroso delle liti in famiglia; e a tutte le persone che incontrava esprimeva il suo profondo rammarico per la condotta della zia e delle sorelle. Ma che poteva farci? Poteva rinunziare all’eredità? Erano esse le ostinate, le prepotenti e le pazze!... In casa, però, egli era divenuto