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498 I Vicerè


— Perchè? No!... — esclamò egli. — E poi, come si fa?

— Perchè? Per avere un posto nella rappresentanza del tuo paese! Quanto al modo, è semplicissimo.

Innanzi tutto lo presentò al Circolo Nazionale. Alcuni socii fecero qualche difficoltà. Era degli Uzeda liberali o dei retrivi? Più d’uno assicurò che era borbonico come la zia Ferdinanda; che anzi, a Parigi, era andato a far visita a Francesco II. Ma Giulente si portò garante dei liberi sensi del nipote: all’ex-re aveva fatto, era vero, una visita, ma costretto dai parenti; una visita di pura forma, del resto, che non lo impegnava a niente. Fino a quel momento era stato un ragazzo irresponsabile delle idee che aveva potuto esprimere; adesso, se chiedeva di far parte del Circolo, significava che ne approvava il programma. Nè conveniva rifiutarlo, perchè altrimenti egli avrebbe potuto gettarsi in braccio ai reazionarii... Gli scrupolosi si contentarono di quelle assicurazioni, mormorando tuttavia che, secondo una certa versione, il principino aveva augurato al re spodestato di rivederlo nella reggia di Napoli... Quando Consalvo seppe che correva questa voce, protestò con tutte le sue forze che era una menzogna sfacciata, della quale non capiva l’origine. Ma, preso a quattr’occhi il maestro di casa, che solo poteva averla messa in giro, gli gridò sul muso:

— Tu, bestione, hai scritto che io ho detto a Francesco II che voglio rivederlo a Napoli e il diavolo che ti porti?

Imbarazzato e confuso, Baldassarre rispose:

— Eccellenza, sì...

— E chi t’ha detto una simile bestialità?

— Me lo disse padre Gerbini, che l’udì dire a Vostra Eccellenza...

Alzato il braccio in atto di minaccia, Consalvo ingiunse:

— Un’altra volta che ripeterai simili corbellerie, ti piglierò a scapaccioni, hai capito?