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46 I Vicerè

― Uso barbarico anzichè no. Il nobile corsiere rigava di sangue la via finchè cadeva spirando l’ultimo fia....

A un tratto don Cono esclamò:

― Contessa, gran Dio!

Tutti accorsero. Era pallida e fredda, con gli occhi rovesciati e le labbra dischiuse. Suo marito, accorso anche lui con donna Isabella, disse:

― Non è nulla.... la fatica del viaggio.... ― E piano, quasi tra sè, mentre la portavano via: ―Le solite smorfie!...


Giorni di continue novità, quelli! Il domani, come s’aspettava, arrivò il duca. Mancava da cinque anni, e nel primo momento la servitù e gli stessi parenti quasi non lo riconobbero: quand’era partito per Palermo aveva un bel collare di barba alla borbonica, adesso invece s’era lasciato crescere il pizzo che dava un altro carattere alla sua fisonomia. Tutti i nipoti gli baciarono la mano; egli s’informò della disgrazia e si scusò per non esser venuto più presto; si scusò anche, pel disturbo che gli dava, col principe, il quale gli aveva fatto preparare al terzo piano le stanze da lui occupate nella casa paterna prima di lasciarla. Ma il nipote protestò:

― Vostra Eccellenza non mi disturba, mi aiuta.... E in questo momento ho più bisogno dei suoi consigli....

― Sai nulla?

― Nulla!

― Tua madre non avrà fatto, spero, una delle sue pazzie....

― Quel che ha fatto mia madre sarà ben fatto!

Fu così stabilita la lettura pel domani, a mezzogiorno, e il signor Marco ebbe ordine d’avvertire il notaio, il giudice e i testimonii perchè si tenessero pronti. Intanto la notizia deli’arrivo del duca s’era subito diffusa per la città, e le prime visite gli furono annunziate che egli non s’era neppur riposato del viaggio. Venivano a cer-