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464 I Vicerè

accorreva dal fondo delle sale, i passanti si fermavano, la folla ingrossava da un momento all’altro. Tutti volevano leggere la notizia, ma don Blasco non dava a nessuno il dispaccio che nella ressa correva pericolo d’essere stracciato in mille pezzi.

— Leggete!... Leggete!... Vogliamo sentirlo!...

Salito allora sopra una seggiola, il monaco lesse col suo vocione: «Firenze, ore 5 pomeridiane: Onorevole d’Oragua, Catania. Oggi alle ore dieci antimeridiane, dopo cinque ore di cannoneggiamento, truppe nazionali aprirono breccia cinta di Porta Pia.... Bandiera bianca alzata su Castel Sant'Angelo segnò fine ostilità.... Nostre perdite venti morti, circa cento feriti....»

E un urlo si levò tutt’intorno. Ma don Blasco, dominando le urla, gridò, tonò:

— All’Ospizio... per la musica... Fermi!... Le bandiere....

In un attimo tutte le bandiere del Gabinetto furono recate dai camerieri storditi dalle grida. Don Blasco ne agguantò una, s’aprì un varco tra la folla e vociò nuovamente:

— All’Ospizio!... All’Ospizio!...

Per via, le grida di Viva l’Italia! Viva Roma! echeggiavano d’ogni intorno, la dimostrazione s’ingrossava; quelli che ignoravano ancora di che si trattasse gridavano per sapere che cos’era successo, e tutti rispondevano:

— La truppa ha preso Roma!... È venuto il dispaccio al deputato, al duca d’Oragua!...

Quando la banda dell’Ospizio, riunita in fretta e in furia, cominciò a sonare, il clamore divenne assordante. E mentre i sonatori e il capo musica domandavano:

— Da che parte?... Dove si va?...

— Dal deputato.... risposero dieci, cento voci; — dal duca....

Tutte le finestre illuminate, in casa dell’Onorevole; una bandiera che pareva una vela di bastimento sven-