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450 I Vicerè

dendoselo apparire dinanzi. Il monaco entrò nello scrittoio del fratello col cappello in testa, come a casa propria; gli disse: «Ti saluto,» col tono di chi vede una persona lasciata il giorno innanzi e si mise a sedere. Il duca, passato il primo momento di stupore, sorrise finemente, dicendogli con lo stesso tono: «Che abbiamo?» e il monaco entrò subito in argomento.

— Sai che ho comprato il Cavaliere da San Nicola? Non c’era più la linea del confine, e feci alzare un muro. Per questo il Demanio m’accusa d’usurpazione!..

Il duca continuava a sorridere in pelle in pelle, godendosela, e poichè il monaco taceva, credendo di non aver bisogno d’aggiunger altro, egli che voleva avere la soddisfazione di sentirsi richiedere d’aiuto da quell’arrabbiato che gli aveva mossa tanta guerra, fece:

— E...?

— Non si potrebbe parlare a qualcuno?

Non era precisamente quel che s’aspettava; ma il duca, in fondo, era un buon diavolo, non aveva il fiele del principe e del Priore, e se ne contentò.

— Va bene. Torna domani con le carte.

Così, con immenso stupore di tutta la parentela, furon visti i due fratelli andare insieme su e giù per le scale dell’Intendenza, della Prefettura, del Genio civile e del Catasto. In pochi giorni la cosa fu avviata bene; ma il duca suggerì al Cassinese una soluzione più radicale:

— Perché non compri addirittura l’altro fondo?

— E i danari?

— I danari si trovano!

Egli li prendeva dalle Banche delle quali era amministratore: con essi speculava sui fondi pubblici, riscattava le proprietà prese dalla manomorta, ne comperava delle altre; adesso, per stare anche lui da sè, faceva fabbricare una grande e bella casa in via del Plebiscito.... Per suo mezzo, don Blasco fu ammesso allo sconto alla Banca dei Depositi e Crediti, e una cambiale di venticinquemila lire del monaco passò. Il Ca-