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446 I Vicerè

un fruscìo di gonne, e la principessa Graziella, avvertita dalla cameriera che aveva udito le voci, entrò:

— Che c’è?... Che cosa avete?...

Consalvo si mise le mani in tasca e senza dir nulla passò nella camera attigua. Il principe si lasciò condurre via dalla moglie.


Per molte settimane padre e figlio non scambiarono più una parola. L’affare del debito, risaputo dai parenti, divise in due campi la famiglia. Il duca, che non perdonava ancora al pronipote l’imbarazzo in cui l’aveva messo, sosteneva il principe, l’incitava a non cedere, a lasciar protestare la cambiale; Giulente anche lui giudicava necessario dare un po’ di paura al giovinotto, perchè niente avrebbe poi potuto arrestarlo nella via dei debiti, se il principe decidevasi a pagare il primo; ma Lucrezia, pel gusto di contraddire al marito, per dare una lezione di munificenza a quel pezzente che giudicava tutti alla sua stregua, esclamava che Consalvo aveva il diritto di svagarsi; che seimila lire per il principe di Francalanza erano come dieci lire per Giulente, e che in casa Uzeda per nessuna ragione al mondo poteva darsi lo scandalo d’un protesto. Donna Ferdinanda, manco a dirlo, se la prendeva con l’avarizia del principe, che non dando abbastanza al figliuolo lo costringeva a ricorrere al credito, e Chiara dava un poco ragione agli uni e un poco agli altri, secondo l’umore di Federico. Quanto a don Blasco, che da un pezzo era diventato invisibile, un bel giorno venuto a palazzo, cominciò a prendersela non solo contro Consalvo pei debiti e per la condotta scandalosa, ma anche contro il principe e la principessa, alla cui debolezza attribuiva lo sfrenamento di Consalvo.

— La colpa è tutta vostra! Questo non è il modo d’educarlo! Pagargli i debiti? Alzargli la mangiatoia, bisogna!... — E senza nominarla, si scagliò contro donna Ferdinanda, dandole della bestia a tutto spiano, perchè