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I Vicerè 431

nava i compagni; più spesso, prendendo parte ai bagordi, aveva la ciera funebre, un riso falso. Di tanto in tanto scompariva, se ne andava ad Augusta, nelle terre lasciategli dallo zio, donde nessuno riusciva a scovarlo, se egli stesso, mutata fantasia, non si decideva a tornare. Allora Consalvo lo trascinava ai bagordi.

Una notte, per quistione di donne, la banda venne alle mani con una comitiva di popolani, di barbieri, di sensali; piovvero le legnate, luccicarono i coltelli, ma per buona sorte, sopravvenute le guardie, tutti scomparvero. I bastonati, i mariti canzonati, le vittime della loro prepotenza non osavano ricorrere: se qualcuno minacciava di querelarsi, la gente lo dissuadeva, considerando chi erano quei signori: il barone Radalì, il principino di Mirabella, il marchesino Cugnò! E la polizia, se ricorrevano ad essa, faceva accomodar la cosa: qualche biglietto di banca, e tutti lesti. Ma il prestigio di quei nomi era tale che pochi osavano lagnarsi; la più parte si stimavano onorati di competere con quei signori, li ammiravano, parlavano di loro col massimo rispetto. In carnevale, la mascherata favorita dei monelli, dei facchini, era quella del Barone: sui calzoni a sbrendoli e sulle camicie rattoppate, un vecchio abito a coda di rondine, un enorme colletto di carta, una tuba di cartone alta quanto una canna di camino: andavano così a crocchi chiamandosi scambievolmente, ad alta voce, fra le risa dei passanti, col nome dei baroni per davvero: «Addio, Francalanza!... Radalì, come stai?... Andiamo al teatro, marchese!...»

Senza quei nobili l’operaio come avrebbe fatto? il loro lusso, i loro piaceri, le loro stesse pazzie erano altrettante occasioni perchè la gente minuta lavorasse e buscasse qualcosa! E il principino spendeva e spandeva, regalmente, come se avesse le mani bucate. Suo padre gli pagava i cavalli e le carrozze, i fucili e i cani, e pei minuti piaceri gli passava cento lire il mese; ma Consalvo, alle volte, perdeva in una notte la pensione dell’anno intero; e il domani ricorreva a tutti gli usurai