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I Vicerè | 407 |
pessa, che stava peggio in salute, appoggiava la zia; e un giorno venne il Priore al palazzo, a posta per distogliere i parenti dall’acquisto col linguaggio della persuasione evangelica.
— Non vi lasciate indurre in tentazione. Vi diranno che l’occasione è propizia per fare qualche guadagno materiale; ma la salute dell’anima è il sommo dei beni. Il Signore vi compenserà in altro modo, vi darà da un altro canto quello che ora rinunzierete....
Il principe stava a sentire le due campane senza esprimere la propria opinione; il marchese però giudicava eccessivi gli scrupoli; e Chiara, per seguire il marito, non dava ascolto alle ammonizioni del confessore. Lucrezia, da canto suo, spingeva Benedetto a comprare, ad arricchirsi, poichè adesso lo credeva non solo ignobile, ma anche miserabile; uno che non possedeva neppure uno straccio di feudo, mentre in casa Francalanza ce n’erano sedici!...
Frattanto il Parlamento discuteva un’altra legge «a vantaggio dell’incremento pubblico e privato,» come spiegava il duca, sebbene non andasse alla capitale: quella, cioè, relativa allo svincolo delle cappellanie e dei beneficii laicali; e il principe, zitto zitto, cominciava a tener conferenze col notaro e col procuratore legale, preparava i suoi titoli per ottenere i beni di tutte le fondazioni degli antenati, specialmente della cappellania del Sacro Lume; quando un bel giorno don Blasco, che da un certo tempo non metteva piede a palazzo, vi piovve inaspettato.
— Badiamo, ohi! Se si svincola la cappellania, la roba va divisa fra tutti i consanguinei!
— Vostra Eccellenza s’inganna, — rispose il principe. — I beni rientrano nel fedecommesso.
— Che fedecommesso d’Egitto? Dov’è il fedecommesso? Sono quarant’anni che è finito, e i titoli li ho letti anch’io!
— Ma il diritto di patronato è stato in mano mia.
— Patronato? Quasi che si trattasse di un ente au-