Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
I Vicerè | 387 |
fece i bauli e se ne partì con la moglie per Palermo, lasciando a Pasqualino l’incarico di vendere la mobilia comperata un anno prima. Poi partì il duca diretto a Firenze e conducendo via anche la principessina Teresa, per metterla al collegio, com’erasi stabilito. La bambina, nel congedarsi, piangeva dirottamente dal dolore di lasciar la sua casa, di entrare nel collegio di Firenze, tanto lontano, dove neppure la domenica, neppur dietro a una grata, come a San Placido, avrebbe potuto vedere la sua cara mamma. La comare però le diceva: «Non piangere così; non vedi che fai male a tua madre?...» e allora ella inghiottiva le sue lacrime, si ricomponeva. Il giorno della partenza, la principessa ebbe una convulsione di pianto, abbracciando furiosamente la figlia; e la stessa cugina aveva gli occhi rossi, ma faceva coraggio a tutti: «Teresina tornerà fra qualche anno; e poi ogni autunno l’andremo a trovare, è vero, Giacomo?... Verrò anch’io: sei contenta così?... Vedrai poi, quando tornerai istruita ed educata come conviene, quando tutte t’invidieranno!... Vedrai anche tu, Margherita, quanto sarai orgogliosa della mia figlioccia!...» La bambina allora chinò il capo, s’asciugò gil occhi, e disse alla sua mamma, seria e composta com’era sempre stata: «Non t’angustiare, mamma mia bella: ci scriveremo ogni giorno, ci rivedremo presto.... Vedi che sono ragionevole?...» Un amore di figliuola, quella lì; vera razza dei Vicerè!
Poi partì anche il cavaliere don Eugenio per Palermo. La ragione di questa partenza qui non si seppe molto bene. Il cavaliere aveva detto che certe grandi case palermitane lo avevano chiamato per associarlo in grandi e nuove speculazioni dove c’era da arricchire in poco tempo; ma le male lingue, che non tacciono mai, volevano dare a intendere che egli era scappato perchè, mangiatisi i quattrini degli zolfi presi a credenza, contro cambiali che non poteva più pagare, correva rischio di prendersi qualche soma di sante legnate.... Comunque andasse la cosa, fatto sta che, partite tutte queste per-