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356 | I Vicerè |
fiducia nel risultato, era sicuro che quella roba avrebbe affrettato la sua fine.
— Adesso bisogna farci sopra una bella passeggiata! — e offertogli il braccio, come ad un povero convalescente, lo condusse a spasso pel giardino.
Non parve vero al malato, il domani, di svegliarsi vivo e con un certo appetito. L’insalata e l’arrosto, in poco tempo, fecero miracoli; ma restava da guarire il prurito al quale egli dava il nome di erpete.
— Per questo il rimedio è ancora più semplice: fate un bel bagno d’acqua dolce.
Da mesi e mesi, egli non si lavava altro che la punta del naso e delle dita, due o tre volte la settimana, per paura di prendere una polmonite; così l’erpete andò via. Il latte, le uova, il moto, la nettezza lo ritornarono in vita, e dalla gratitudine verso donna Isabella gli spuntavano i lucciconi:
— Che donna! Che testa! Che intelligenza!
Conosceva poca gente, ma tutte le volte che si trovava con qualcuno cominciava a parlar di lei con tanta ammirazione, come fosse la donna più saggia e virtuosa, un angelo sceso dal cielo. Presa l’abitudine di muoversi, se ne andava dalla sorella Lucrezia, faceva visita alle poche persone che conosceva, e non ristava dal parlar di lei.
— Quanto bene vuole a Raimondo! Che cura ha della casa! Quel che ha fatto per me non si può ridire! Se non era lei, a quest’ora sarei morto e sepolto!
Un giorno arrivò da Lucrezia mentre moglie e marito discutevano vivamente: al suo apparire essi tacquero.
— Di che parlavate?
— Si parlava della situazione di Raimondo, — rispose sua sorella, decidendosi di metterlo a parte del secreto. — Non può durare a lungo così. Bisogna pensare a legittimarla, sciogliendo i matrimonii.
Ella annunziava quel partito con la stessa semplicità con cui Raimondo e donna Ferdinanda lo avevano partecipato a lei. Chiedere ed ottenere il doppio annullamento