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30 | I Vicerè |
tersi in fila sbaragliavano la calca: tiri a quattro che venivano a prendere i primi posti, tiri a due che rinculavano scalpitando tra un fitto scioccar di fruste; e i curiosi, a rischio di lasciarsi pestare sotto i piedi delle bestie, li venivano riconoscendo dagli stemmi degli sportelli e anche dai cocchieri:
― Il duca Radalì.... il principe di Roccasciano.... il barone Grazzeri... i Cùrcuma... i Costante... non manca nessuno!...
Di repente tutti si volsero a un lontano vocìo:
― Che è?... Che cos’è stato?... La carrozza di Trigona!... Il cocchiere non vuole andare in coda, gli altri non cedono il posto... Ha ragione!... Questi sono soprusi!...
Il cocchiere del marchese Trigona, appunto, quantunque guidasse un trespolo tirato da due ronzinanti, non voleva mettersi in coda dove c’erano le carrozze dei non nobili più belle della sua. E Baldassarre, tutto in sudore per la fatica sostenuta nell’ordinare il corteo, nel far rispettare le precedenze, s’avanzava per dar ragione al cocchiere, aprendosi a stento il varco tra la folla, allungando ceffoni ai monelli che gli si mettevano fra i piedi, ingiungendo: «Largo!... largo!...» mentre una buona metà dell’accompagnamento s’era avviata.
Il mortorio sonato da tutte le chiese della città chiamava gente da ogni parte sul suo passaggio; ma specialmente il campanone della cattedrale sospingeva a frotte i curiosi. Sonava a morto solo pei nobili e i dottori, e il suo nton-nton grave e solenne costava quattr’onze di moneta; talchè la gente, udendo la gran voce di bronzo, diceva: «Se n’è andato qualche pezzo grosso!»
E ancora buon numero di carrozze, dopo quella di Trigona, aspettavano d’incamminarsi, che già la testa del corteo fermavasi ai Cappuccini.
Impossibile portare in chiesa la bara dalle scale. Non già che pesasse molto, chè anzi era vuota; ma la ressa, sulle scale, cresceva, nessuno poteva andare nè avanti