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304 | I Vicerè |
retto a Torino, doveva passare da Firenze. Il terrore di spingere l’uno contro l’altro quei due uomini l’aveva costretta a tacere; e poichè suo padre, ricominciato a sospettare di Raimondo, aveva mutato a un tratto, con la violenza abituale, l’antica affezione verso il genero in freddezza diffidente e vigile, ella aveva dovuto bere le proprie lacrime, cancellarne le tracce, mostrarsi allegra e contenta per impedire che quei due si scagliassero l’uno contro l’altro. Così ella s’era consunta, soffrendo in silenzio, inghiottendo amaro sopra amaro, invocando dal Signore tanta forza da poter continuare a fingere, a illudersi, a credere che nessun serio pericolo la minacciava.
Ma era già troppo tardi. Tutto ciò che, nella sua gelosia, la moglie gli veniva dicendo contro l’amante, spingeva Raimondo sempre più nelle braccia di quest’ultima; poichè Matilde glie ne parlava male, voleva dire che era invece la prima delle donne. Quest’idea si conficcava tanto più saldamente nella sua testa, quanto che donna Isabella, da suo canto, non gli diceva mezza parola contro la contessa; e si lagnava appena, discretamente, dell’odio che si vedeva portato. «Quando m’incontra, mi volta le spalle.... Sparla di me.... Che cosa le ho fatto?» Oppure gli proponeva di rompere e di lasciarsi, si offeriva in sacrifizio per assicurargli la pace della famiglia: «Non t’inquietare di me!... Me ne andrò, vivrò sola, come vorrà Dio.... Andrò a buttarmi ai piedi di mio marito; forse mi perdonerà....» Allora, di risposte, egli s’ostinava a far cose che ella stessa non avrebbe volute; se prima non aveva nascosto quell’amicizia, ora l’ostentava; se prima stava poco in casa, adesso restava settimane intere senza metterci piede, senza veder le sue figlie; ed al teatro prendeva posto nel palco dell’amica, dal principio alla fine dello spettacolo; ed al passeggio, se era con amici, non rispondeva al zaluto di sua moglie, quando s’incontravano: mentre la contessa lacrimava in fondo alla sua carrozza, egli andava a piantarsi allo sportello di quella di Isabella.