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294 I Vicerè


Raimondo aveva finito intanto di parlare con la zia e ricominciava a passeggiare su e giù: era verde in viso e si morsicchiava i baffi, torcendo le labbra, con le mani in tasca.

Donna Ferdinanda adesso sedeva accanto alla marchesa, la quale era al settimo cielo per essere incinta di sette mesi. Dopo due disgraziate gravidanze passate ad ascoltare ogni prescrizione di medici, ogni consiglio di levatrici e ogni opinione di femminucce, aveva finalmente mutato sistema di punto in bianco, facendo a modo suo in tutto e per tutto, andando fuori in carrozza e a piedi, salendo e scendendo scale, trangugiando tutte le miscele che si persuadeva dovessero giovarle. Ella dichiarava alla cognata di non esser mai stata così bene come ora: «Quegli asini! Quegli impostori!... E le levatrici?... L’altro giorno non ebbe l’ardire di venir da me, donn’Anna? La presi per le spalle e le dissi: «Cara donn’Anna, tre mesi dopo che avrò partorito se volete venire a trovarmi mi farete tanto piacere; ma per adesso andatevene che non ho bisogno di voi!...» Tutt’intorno gli altri parlavano piano, come nella camera d’un ammalato, ma al rumore di una carrozza che entrava nel cortile ogni discorso cessò. Il duca passò nell’anticamera per andare incontro all’amico; si vide comparire invece dinanzi la cugina Graziella.

— Come sta Vostra Eccellenza? Ho saputo del suo arrivo ed ho detto: andiamo subito a baciar le mani allo zio. Mio marito voleva venire anche lui; ma l’hanno chiamato di fretta al tribunale per una causa seccantissima. Verrà più tardi a fare il suo dovere....

Raimondo, vedendola spuntare, soffiò più forte, e andò a dire concitato allo zio:

— Quest’altra pettegola, adesso? Ha da esserci tutta la città?... Non vede Vostra Eccellenza che scena ridicola?...

— Pazienza!... Pazienza!... — cominciò il duca; ma già un’altra carrozza entrava nel cortile. Egli ripassò di là e poco dopo comparve insieme col senatore. Questi era