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292 I Vicerè



Il domani, verso mezzogiorno, quando s’aspettava il barone, che la carrozza di casa era andata a prendere, piovve donna Ferdinanda. Erano più di sei mesi che non saliva più le scale del palazzo, dal giorno che c’era entrato Giulente. Fin all’ultimo momento ella aveva sperato d’impedire che la mostruosità si compisse; ma poichè Lucrezia non sentiva più gli schiaffi nè i pizzicotti, quasi fosse divenuta di marmo, e Giacomo si difendeva gettando la colpa sullo zio duca, sul Babbeo e sulla stessa sorella, la zitellona era finalmente andata via facendo sbattere tutti gli usci, gridando: «Riderà bene chi riderà l’ultimo!» e appena giunta a casa, chiamato la cameriera, il cocchiere e il mozzo di stalla, aveva tratto dall’armadio un foglio di carta e lo aveva fatto in mille pezzi: «Neppure un soldo, così!...» Ella pretendeva che i nipoti le portassero obbedienza e le stessero sottomessi per via dei quattrini che, non avendo figliuoli, avrebbe loro lasciati; la distruzione del testamento, in presenza della servitù, era la pena della loro ribellione.... Il principe, sulle prime, era stato zitto, per lasciar passare la tempesta, poi aveva mandato dalla zia Frà Carmelo col figliuolo perchè la vista del nipotino prediletto placasse quella furia, poi era andato egli stesso a trovarla, a prendersi addosso, umile e muto, la pioggia di improperii rovesciata dalla zitellona. E a poco a poco, pel bisogno di sentirsi far la corte, per non poter rinunziare a ingerirsi nelle faccende dei nipoti, ella s’era venuta placando, ma senza andar da loro: la casa dei suoi maggiori era profanata, contaminata dalla presenza di quel pezzente, di quel bandito, di quell’assassino che chiamavasi Benedetto Giulente, avvocato, avvocato! Neppur l’arrivo di Raimondo l’aveva rimossa dal suo proposito; del resto il nipote era venuto da lei assiduamente a prendere i suoi consigli. In odio alla Palma, per distruggere quel matrimonio stretto contro il suo piacere, ella aveva spinto il giovane alla rottura definitiva. Come