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I Vicerè 291


— È falso! — ripetè il nipote con voce forte e un poco stridente.

Allora il duca batté in ritirata.

— Sarà falso, tanto meglio.... Del resto non è questo l’importante.... Il fatto è fatto.... adesso si tratta di pensare all’avvenire. Se non è vero che hai lasciato tua moglie, non dovresti avere difficoltà di riunirti con lei!"

— Non ne ho, — rispose Raimondo, rialzandosi.

Lo zio restò un momento a guardarlo, quasi non fosse sicuro di aver udito bene, poi ripetè:

— Sei pronto a riprenderla?

— Sono pronto a tutto, purchè smettano questa commedia.

— Meglio ancora!... Vuol dire che esageravano, che m’hanno informato male... Tanto meglio!... Domani tuo suocero può venire?

— Venga domani, venga quando gli pare! Vorrei piuttosto sapere perchè ha fatto la buffonata di scendere all’albergo? Poteva restarsene al suo paese, invece di fare questa sciocca commedia, invece di dar da ciarlare alle persone con una condotta da pulcinella. — Egli parlava adesso duramente, a denti stretti; con gli occhi rossi; e il duca, cambiato tono anche lui, esclamava, secondando il nipote:

— Questo è vero.... tu hai ragione.... L’ho messo in croce per dissuaderlo!... Ma quel santo cristiano è fatto a un certo modo.... Del resto non importa: diremo che non voleva dare impaccio a Giacomo.... si troverà una ragione.... E tu, comprendi che bisogna pigliare gli uomini come sono, che bisogna avere un po’ di politica nel mondo.... Divertiti, — aggiunse con un sorrisetto allusivo; — ma senza dar nell’occhio, salvando le apparenze. È già dispiacevole che sia successo un primo guaio....

— Vostra Eccellenza ha da dirmi altro? — domandò Raimondo, interrompendolo bruscamente. — Se non ha da dirmi altro, buona notte.