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una transazione, giacchè non vivevano se non dell’attesa del figlio, e la gioia di cui l’imminenza dell’avvenimento li colmava era tale che li disponeva a passar sopra ad ogni altro interesse. Perciò quando il duca riferì loro che Lucrezia si maritava ed aveva concluso la transazione, approvarono, giudicando soltanto che l’affare degli interessi trattenuti come compenso delle spese di mantenimento faceva poco onore al principe. Contenta lei, del resto, contenti tutti.

— Adesso dovete aggiustarvi anche voialtri!... — aggiunse il duca, col tono d’affettuosa imposizione consentitogli non tanto dalla qualità di zio, quanto dall’avere accettato di tenere al fonte battesimale il nascituro.

— Il marchese, scambiata un’occhiata con la moglie, rispose:

— Se Vostra Eccellenza vuole così....

— Il conto di Chiara è naturalmente lo stesso di quello di Lucrezia; ma per lei non c’è la quistione degli interessi, e Giacomo li pagherà fino all’ultimo.

— Io ho preso la mia cara Chiara pel bene che le voglio, e non pei quattrini.... — e, chinatosi sulla moglie, Federico la baciò in fronte, come faceva ogni momento.

— Ma il legato dello zio canonico? L’assegno matrimoniale? — rammentò ella, per non lasciar sopraffare il generoso marito.

— Giacomo non intende riconoscerli, e non so se ha ragione o torto.... Ma ormai bisogna uscirne! A voi, per ora, qualche migliaio d’onze non fa niente; io le compenserò, a suo tempo, al mio figlioccio!...

Così fu concluso, con giubilo immenso del marito e della moglie. Restava Ferdinando, dal quale il principe voleva le due mila onze della quota di debiti. Sull’animo del Babbeo Lucrezia sola poteva; ella però, invece di parlare col fratello, si mise a letto, rifiutando di vedere gente, accusando sofferenze misteriose. Il Babbeo, saputa la malattia della sorella, venne a trovarla, tutti i giorni; ma Lucrezia pareva l’avesse specialmente con lui. La cameriera le aveva detto ed ella stessa s’era accorta che Giacomo la stroz-