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260 I Vicerè

la candidatura al duca.... Una bella commedia, giacchè tutto fu combinato prima.... E solo i Giulente, di persone conosciute; tutto il resto, certe facce!...

— Mio zio è padrone di ricevere chi vuole, — rispose il principe. — Adesso i tempi sono mutati, e non si posson fare tante difficoltà.... È quel che dicevo anche a mia moglie.... — E voltati i tacchi, stava per andarsene, quando la voce di donna Ferdinanda, che sopravveniva, lo fece fermare. La zitellona, più gialla del solito, sudava fiele, con una ciera arcigna e dura da mettere spavento.

— Dunque è vero? — domandò a denti stretti, senza neppure accorgersi di donna Graziella.

— Me l’ha detto lui stesso, — rispose il principe. — Dinanzi alla cugina possiamo parlare.... Gli pare una cosa bellissima, un partito vantaggioso, un terno al lotto....

— E tu non gli hai detto nulla, tu?

— Io? Gli ho detto che dovrebbe tornare nostra madre dall’altro mondo, per sentire una cosa simile! Per vedere ciò che succede in questa casa! in qual modo si rispettano le sue volontà!... Questo gli ho detto; ma è lo stesso che dirlo al muro.... Vostra Eccellenza sa come siamo fatti, qui in casa.... Ma la colpa non è dello zio.... Se Lucrezia non avesse dato retta a quel bardassa, crede Vostra Eccellenza che le cose sarebbero arrivate a tanto? I Giulente sono stati sempre presuntuosi, hanno avuto sempre la smania di giocare a pari con tutti; ma un’idea simile non sarebbe loro passata pel capo, senza la stramberia di mia sorella....

La principessa non fiatava, donna Graziella non parlava neppur lei, ma guardando ora il principe ora donna Ferdinanda scrollava il capo, come per dire che era così, proprio così. La zitellona si mordicchiava le labbra sottili, torcendo il grifo, fiutando l’aria con le narici dischiuse.

— Se mia sorella non fosse stravagante, — continuava il principe, — non penserebbe a maritarsi, con quella salute; non darebbe retta a quel rompicollo che