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24 | I Vicerè |
Don Blasco, che soffiava come un mantice, non aspettò neppure che l’adunanza si sciogliesse. Afferrato il marchese per un bottone del soprabito, esclamò:
— Sempre pulcinellate?... Fin all’ultimo?... Per far ridere la gente?...
E il signor Marco era appena salito al primo piano, nelle stanze dell’amministrazione contigue al suo quartierino, per dare ai dipendenti gli ordini opportuni, che le persone venute a cercarlo si presentarono a lui. Il ceraiolo di San Francesco veniva a offrire cera di prima qualità, lavorata all’uso di Venezia, a sei tarì; il maestro Mascione portava una lettera dell’avvocato Spedalotti, il quale pregava il signor Marco di far eseguire la messa da requiem del giovane compositore; Brusa, il pittore, sollecitava l’appalto della decorazione pel funerale solenne della principessa....
— Come sapete che ci sarà un funerale solenne?
— Per una signora come la principessa!
— Ripassate domani....
E Baldassarre chiamava:
— Signor Marco! signor Marco!... Il principe!...
Ma nuovi postulanti sopravvenivano. Nessuno l’aveva ancor detto, ma si sapeva che la principessa di Francalanza non poteva andare all’altro mondo senza una gran cerimonia, senza un gran scialacquo di quattrini, e ognuno sperava di guadagnarne. Raciti, il primo violino del Comunale, voleva offrire la messa funebre di suo figlio; saputo che Mascione aveva ottenuto una lettera di Spedalotti, era corso a sollecitare la raccomandazione più valevole del barone Vita; Santo Ferro, che aveva la manutenzione del giardino pubblico, sperava gli commettessero la camera ardente, e poichè Baldassarre, dal cortile, tornava a chiamare:
— Signor Marco! signor Marco!... Il principe... — il signor Marco si sbarazzò bruscamente dei postulanti:
— Ma andate al diavolo!... Ho altro da fare, adesso!