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254 | I Vicerè |
avrebbe cercato di aver notizie dalla famiglia di lui. Il Governatore però s’era già rivolto ai comandanti, al direttore dell’ospedale militare di Napoli; e la risposta, prima che sui bollettini, fu resa di pubblica ragione in un manifesto affissato al Municipio. Il volontario Giulente era ferito d’arma bianca alla coscia destra e si trovava nell’ospedale di Caserta; il suo stato era soddisfacente e la guarigione assicurata.
Egli arrivò quindici giorni dopo, la vigilia del plebiscito, con altri volontarii siciliani reduci dal Volturno: lo zio Lorenzo, il duca di Oragua, il Governatore e la Guardia nazionale andarono loro incontro. Il giovane s’appoggiava a un bastone e sventolava il fazzoletto con la sinistra, rispondeva agli evviva della folla. Suo padre e sua madre piangevano, dalla commozione: il duca, facendo loro dolce violenza, prese il ferito nella propria carrozza che s’avviò al Municipio fra un’onda di popolo acclamante. Dal balcone del palazzo di città, gremito di guardie nazionali, di reduci, di patriotti, di cittadini ragguardevoli, Benedetto girò uno sguardo sulla piazza dove non sarebbe cascato un grano di miglio, poi levò la sinistra. La sua fama d’oratore era già stabilita: tacquero a quel gesto.
— Cittadini! — cominciò con voce chiara e ferma. — Noi non possiamo e non dobbiamo ringraziarvi di questa trionfale accoglienza, sapendo come i vostri applausi non siano diretti alle nostre persone, ma all’idea generosa e sublime che guidò il Dittatore da Quarto a Marsala. — Scoppiò un uragano d’applausi in mezzo al quale la voce dell’oratore si perdè. — .... sogno di Dante e Machiavelli, sospiro di Petrarca e Leopardi, palpito di venti secoli.... ad essa, alla gran patria comune.... alla nazione risorta.... all’Italia una.... gli evviva, gli applausi, il trionfo.... — Ad ogni periodo, un gran clamore veniva su dalla piazza; la gente pigiata nel balcone sventolava i fazzoletti, il duca esclamava all’orecchio dei vicini: «Come parla bene!... Che giovane d’ingegno!...»