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I Vicerè 251

nel reggimento delle Guide, ed era partito pel continente. Arrivando in città, Lucrezia trovò una lettera del giovane, il quale le annunziava che andava a raggiungere Garibaldi per compiere il proprio dovere verso la patria e le raccomandava di non piangerlo se la sorte gli avrebbe concesso di morire per l’Italia. Ella cominciò a leggere tutti i giornali e tutti i bollettini per sapere che cosa avveniva di lui, ma ne capì meno di prima, incapace di farsi un’idea intorno alle mosse dell’esercito meridionale. Don Blasco, all’arrivo dei parenti, eruttò finalmente la bile accumulata in tre mesi. Ogni giorno, venendo al palazzo, vomitava improperii contro il fratello, colmava di male parole lo stesso principe perchè permetteva che dal balcone di palazzo sventolasse l’aborrito tricolore, che mettessero fuori i lumi per festeggiare le vittorie dei «briganti.» Il principe si faceva tutto umile, gli dava ragione, esclamava: «Che posso farci? È mio zio! Posso mandarlo via?» ma si guardava bene di fare rimostranze al duca, troppo lieto che la popolarità del gran patriotta garantisse anche lui, la sua persona e la sua casa. Però dava un colpo al cerchio e uno alla botte; parlava contro il duca a don Blasco, contro don Blasco al duca, sicuro di non essere scoperto, poichè quei due s’evitavano come la peste. Gli toccava poi tenere a bada anche donna Ferdinanda, la quale era diventata una versiera, dopo la caduta del governo legittimo, e ne invocava il ritorno e andava fino a promettere una lampada a Santa Barbara perchè questa saettasse tutti i suoi fulmini contro i traditori. Chiedeva che il principino fosse tolto dal convento infestato dai rivoluzionarii; ingiungeva al nipotino, quando costui veniva a casa in permesso: «Non t’arrischiar di parlare con quei nemici di Dio! o non ti guarderò più in faccia!» Consalvo le rispondeva: «Eccellenza sì!» come al duca quando questi, tutt’al contrario, gli diceva «Che bei soldati, i garibaldini?...» Dolevano ancora le spalle al ragazzo, dalle busse toccate per lo spionaggio; e adesso egli faceva come vedeva fare allo zio