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220 | I Vicerè |
del Comunale. E Matilde, lasciata sola dal padre che era andato a raggiungere le bambine, ripeteva tra sè quella domanda, le sole parole che egli aveva trovato per rispondere alla premura di lei: «Perchè sono venuta?» Per assistere a questo!... Egli dunque continuava a fingere, a mentire, ad ingannarla; anzi, neppure se n’era data la pena! Appena arrivato a Milazzo, aveva smaniato come un pazzo contro la vita di quella spelonca, l’aveva torturata con lagnanze, con rimproveri, con un malcontento quotidiano, con un malumore di tutti i momenti, finchè non era riuscito a scappare. Ma ingiustizie, mala grazia, ella gli avrebbe perdonato ogni torto, tanto gli voleva ancora bene; gli perdonava perfino l’indifferenza con la quale trattava le sue figlie, le innocenti creature che erano sangue suo! Ma vederselo sfuggire, ma saperlo tutto d’un’altra, ma ritrovare sulla persona di lui il profumo degli abiti, delle mani, dei capelli di quell’altra; questo no, ella non poteva soffrirlo!
— Ah, ricominci? Sei dunque venuta per rompermi di nuovo la testa? — rispondeva egli ai suoi tentativi di rimostranze, ai suoi timidi rimproveri. — Perchè non te ne sei rimasta con tuo padre, dunque?
— Perchè io debbo stare con te, perchè il mio posto è al tuo fianco, e perchè nemmeno tu devi lasciarmi!
— E chi ti lascia? Se volessi lasciarti, ti pare che sarebbe troppo difficile? A quest’ora avrei fatto le valigie, e me ne sarei andato a Firenze, a Parigi, o a casa del....
— Andiamo via insieme! Perchè non torniamo a Firenze? Abbiamo lí la nostra casa....
— Perchè in questo momento ho qui da fare!
— Se hai dato la procura a tuo fratello....
— Ho dato la procura per gli affari ordinarii dell’amministrazione; ora bisogna venire alla divisione e pagare le mie sorelle, perchè compiscono tre anni dall’aperta successione: hai capito? O vuoi fatto il conto? Mia madre è morta nel maggio del ’55 e siamo nel