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206 I Vicerè

tutte le sere a chiacchierare o a giocare al Casino o nella barcaccia del Comunale. Egli era più che mai orgoglioso dell’amicizia che gli dimostrava il principe, dei lunghi discorsi che questi gli teneva, mentre Raimondo e donna Isabella discorrevano in un angolo; e cascava poi dalle nuvole quando la madre gli veniva a dire, bruscamente: «Andiamo via, che è tardi!...»

Ora un bel giorno Raimondo, andato a far visita in casa Fersa, e dopo aver visto donna Isabella dietro le vetrate, s’udì rispondere dalla cameriera che non c’era nessuno. Lì per lì, egli rimase; a un tratto fu per dare uno spintone alla porta ed entrare a viva forza; ma riuscito a stento a contenersi, scese le scale ed uscì nella via rosso in viso come per un colpo di sole. Subito aveva capito donde veniva la botta, essendosi già accorto della freddezza di donna Mara; e all’idea della contrarietà e dell’ostacolo, il sangue gli ribolliva nelle vene, gli saliva alla testa, gli faceva veder fosco.... Fin a quel momento, egli aveva cercato la compagnia di donna Isabella perchè gli pareva una delle poche signore con le quali poter discorrere, perchè gli rammentava la società di fuori via, perchè gli piaceva di persona, anche, ma non molto, non tanto da voltar l’animo alla sua conquista. Non l’idea di cagionare la rovina di lei, non l’amicizia del marito gli avevano impedito di pensare a questo; Fersa anzi, con la sua adorazione per la moglie e la cieca fiducia che dimostrava a lei ed a lui, gli pareva destinato alla solita disgrazia; e donna Isabella, con quel suo contegno da vittima, con l’istinto della civetteria che la dominava, con i suoi eterni discorsi sulle anime fatte per comprendersi, doveva provare troppa voglia d’esser compresa. Egli aveva sempre riso dell’amore, della passione; per questo appunto sua moglie lo seccava, per questo non aveva cercato mai altro che il piacere comodo, pronto e sicuro; perciò la previsione delle noie che l’avventura con la Fersa avrebbe potuto cagionargli l’aveva indotto a non spingere troppo avanti le cose. Al Belvedere, pel colera, dove donna Isabella