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16 | I Vicerè |
profetato, ah?... Dov’è?... Non è venuto?... È lui il padrone, qui dentro!
Poichè nessuno fiatava, la cugina credè d’osservare:
— Zio, in questo momento...
— Che vuol dire, in questo momento?... — rispose il monaco, piccato. — È morta, Dio l’abbia in gloria!... Ma che s’ha da dire? che ha fatto una gran cosa?... E Giacomo?... È andato?... È andato solo?... Perchè non va nessun altro?... Ha proibito agli altri di andare?...
— No, Eccellenza... — rispose timidamente la principessa. — È partito appena saputa la notizia.
— Io volevo accompagnarlo... — disse Lucrezia; ma allora il Benedettino saltò su:
— Tu? Per far che cosa? Sempre voialtre femmine tra i piedi? Vi pare che sappiate sole aggiustare il mondo?... Dov’è Ferdinando?... Non è venuto ancora?
Sopravvenivano in quel momento il cavaliere don Eugenio e don Cono Canalà, altro dei lavapiatti. Don Cono entrò in punta di piedi, quasi per paura di schiacciar qualcosa, e fermatosi dinanzi alla principessa esclamò, gestendo col braccio:
— Immensa iattura!... Catastrofe immensurabile!... La parola spira sul labbro... — mentre il cavaliere leggeva il biglietto del signor Marco.
Frattanto don Blasco, girando come un trottolone, soffermavasi dinanzi agli usci, guardava in fondo alla sfilata delle stanze, pareva fiutasse l’aria, borbottava: «Che fretta!... L’affezione!...» altre parole incomprensibili.
Nel crocchio dei parenti, ciascuno adesso diceva la sua: il Priore, a bassa voce, accanto alla duchessa ed alla zia Ferdinanda, parlava della «dolorosa ostinazione» della madre; ma tratto tratto, quasi pavido di far male discutendo anche rispettosamente la volontà della morta, s’interrompeva, chinava il capo; la cugina era inquieta per la mancanza di notizie dal Belvedere:
— Giacomo avrebbe potuto mandar qualcuno!...
Per questo don Eugenio offrivasi di salir lassù, se gli facevano attaccare una carrozza; ma allora la prin-