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172 I Vicerè


Improvvisamente, ella ebbe conferma dei proprii sospetti: rispondeva così quand’era colto in fallo, replicava con le violenze alla ragione; troncava la discussione coi gridi.... Appoggiata la fronte a un vetro sul quale la nuova pioggia fine fine tirava umide righe, ella si mise a piangere silenziosamente. Il bene che gli voleva, l’obbedienza che gli prestava, la devozione sommessa di cui gli dava prova ogni giorno non bastavano, dunque: tutto era inutile, egli la sfuggiva, la tradiva, per chi?... E l’aveva costretta ad abbandonare la sua bambina, e l’aveva esposta ai rimproveri di suo padre, per questo, per questo!... Un dolore sopra l’altro, sempre, sempre, anche adesso che ella avrebbe dovuto esser sacra per lui, giacchè i dolori che le procurava potevano uccidere la creatura che stava per nascere!...

La voce di Raimondo, rauca, che chiamava il cameriere, la strappò all’alba di lì. S’era messo a letto, il ribrezzo della febbre gli faceva battere i denti. Allora ella asciugò le lacrime, corse ad assisterlo. Per tre giorni non lasciò un momento il suo capezzale, gli fece da infermiera e da cameriera, dimenticando la propria ambascia pel terrore che quel male degenerasse nella pestilenza influente, restando sola presso di lui quando, insospettiti, nessuno della famiglia volle più entrarci. Tremavano all’idea del contagio, avevano tutti paura di prenderlo, Raimondo più di tutti, nonostante le risate confortative del dottore, nonostante le assicurazioni di lei.

Guarito dell’infreddatura, egli non ebbe più nulla; però non era ancora del tutto ristabilito che pretese andar fuori.

— Fàllo per noi! scongiurò Matilde, a mani giunte; — per nostra figlia! Non t’esporre a un altro malanno!...

Non gli aveva detto nulla dei suoi sospetti, per non irritarlo mentr’era infermo, ma ora gli buttava le braccia al collo, gli diceva, guardandolo negli occhi, passandogli una mano sui capelli:

— Dove vuoi andare? Perché mi lasci? Resta con me!