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I Vicerè | 169 |
luoghi sospetti: contadini e cittadini, armati di schioppi, carabine e pistole, facevano la guardia in tutte le vie che mettevano capo al paesello, esercitando una specie di polizia arbitraria e inappellabile; e poichè, ad ogni passaggio di fuggiaschi, avvenivano scene tra comiche e tragiche, Raimondo, per vincer la noia — essendo il giuoco interrotto per quel nuovo spavento — gironzava spesso per i posti di guardia. Un giorno, saputosi che a Màscali c’era gente ammalata di colera, i carri e le carrozze provenienti di lì non furon lasciati passare. Mentre quelli del Belvedere intimavano il dietro-fronte con gli schioppi spianati, e gli emigranti facevano valere le loro ragioni, mostrando certificati, pregando, minacciando, gridando, Raimondo che se la godeva s’udì a un tratto chiamare: «Don Raimondo!... Contino! Contino!...» e guardatosi intorno vide due donne che dallo sportello d’una polverosa carrozza gli facevano cenni disperati.
— Donna Clorinda!... Voi qui?...
Donna Clorinda era la vedova del notaio Limarra, famosa per l’allegria dimostrata in gioventù ed ora, nella maturità prossima al disfacimento, per la bellezza della figliuola Agatina, la quale, seguendo le orme della madre, aveva civettato, ragazza, con tutti i giovanotti che le si erano stropicciati alle gonne; maritata più tardi col patrocinatore Galano, gli procurava clienti d’ogni genere. Donna Clorinda, con un debole pei giovanotti nobili, era stata, più di dieci anni addietro, la prima conquista di Raimondo; lasciata la madre, egli aveva poi ruzzato con la figliuola, ma senza molto profitto, in verità, perchè ella aspettava di prender marito; ammogliato egli stesso e andato via di Sicilia, le aveva perdute di vista. Adesso le due donne, ed anche il marito che se ne stava rannicchiato più morto che vivo in fondo alla carrozza, si mettevano sotto la sua protezione per ottenere un rifugio al Belvedere. Grazie a lui le lasciarono entrare; ma le difficoltà ricominciarono subito dopo, giacchè, avendo i fuggiaschi invaso ogni buco,