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cipato; ma don Eugenio lo contristava adesso peggio che in città con le sue lezioni. Il ragazzo, quando stava attento, comprendeva tutto, però il difficile era appunto che stesse tranquillo. «Studia adesso, se no tuo padre ti metterà in collegio!» ammoniva lo zio; e infatti il principe aveva più d’una volta espresso l’intenzione di mandar via di casa il figliuolo, di metterlo o al collegio Cutelli fondato per educare la nobiltà «all’uso di Spagna» oppure al Noviziato dei Benedettini, dove i giovani che non volevano pronunziare i voti ricevevano un’educazione non meno nobile. Consalvo non voleva andare nè all’uno nè all’altro posto, e la minaccia era tale che egli si decideva a fare asteggiature e a recitare le declinazioni; in premio, don Eugenio lo conduceva con sè per le campagne di Mompileri, dove, pochi giorni dopo il suo arrivo al Belvedere, aveva cominciato a fare certe gite misteriose.

Circa due secoli prima, nel 1669, le lave dell’Etna avevano coperto, da quelle parti, un villaggetto chiamato Massa Annunziata del quale, più tardi, s’eran per caso trovate alcune vestigia. Ora don Eugenio, che dal commercio dei cocci non ricavava molti guadagni, aveva concepito, pensando sempre a un gran colpo capace d’arricchirlo, il disegno d’iniziare una serie di scavi come quelli visti ad Ercolano e a Pompei, per discoprire il sepolto paesuccio ed arricchirsi con le monete e gli oggetti che avrebbe sicuramente rinvenuti. Il secreto era necessario, affinchè altri non gli portasse via l’idea; perciò, solo o accompagnato dal ragazzo, che andava per conto suo a caccia di lucertole e di farfalle, il cavaliere gironzava nei campi di ginestre e di fichi d’India sotto Mompileri, con antichi libri in mano, orientandosi per mezzo dei campanili di Nicolosi e di Torre del Grifo, studiando la posizione, pigliando misure, a rischio di farsi accoppare come untore dai mulattieri e dai pecorai che lo scorgevano in quelle attitudini sospette. Ma non bastava mantenere il secreto sull’idea; bisognava anche spender molti quattrini per tradurla in atto. Un giorno perciò