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I Vicerè 137


— Era forse una bella cosa? — obbiettò don Eugenio.

— Non mi parlare anche tu del progresso! — saltò su donna Ferdinanda. — Il progresso importa che un ragazzo deve rompersi la testa sui libri come un mastro notaio! Ai miei tempi, i giovanotti imparavano la scherma, andavano a cavallo e a caccia, come avevano fatto i loro padri e i loro nonni!...

E mentre don Mariano approvava, con un cenno del capo, la zitellona si mise a tesser l’elogio di suo nonno, il principe Consalvo VI, il più compito cavaliere dei suoi tempi. Aveva avuto una così grande passione pei cavalli, che, d’inverno, ogni anno, si faceva costruire un passaggio coperto in mezzo alla pubblica via, affinchè i suoi nobili animali restassero sempre all’asciutto.

— E le altre persone potevano passarci? — domandò il principino.

— Potevano passarci quando non era l’ora della passeggiata del principe, — rispose donna Ferdinanda. — Se usciva lui, tutti si tiravano da parte!... Una volta che il capitano di giustizia con la carrozza propria ardì passar innanzi alla sua, sai che fece mio nonno? Lo aspettò al ritorno, ordinò al cocchiere di buttargli addosso i cavalli, gli fracassò il legno e gli pestò le costole!... Si facevano rispettare i signori, a quei tempi.... non come ora, che dànno ragione agli scalzacani!...

La botta era tirata al duca che rientrava in quel momento nella Sala Gialla insieme col principe. Don Blasco, interrotta finalmente la sua corsa, piantò gli occhi addosso al fratello e al nipote.

— Che diavolo hai fatto? — disse al principe.

— Nulla.... avevo certe notizie da domandare allo zio....

Sopravvennero in quel momento Chiara e il marchese. Lucrezia, ancora imbronciata, salutò freddamente la sorella; ma questa non s’accorgeva di nulla, nervosa com’era, tutta piena d’una secreta idea.

— Margherita, — sussurrò alla cognata, in confidenza — questa volta credo sia per davvero!... — Erano