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I Vicerè 127

breve così acuto, che ella aveva sospirato il momento di tornarsene alla solitudine almeno tranquilla della sua casa di Firenze....

— Dov’è quell’altro?... — domandò di botto don Blasco, sbuffante alle elucubrazioni politiche del fratello duca.

«Quell’altro» doveva essere Raimondo; tutti lo compresero, rispondendo che non s’era visto, che forse era rimasto a desinare da qualche amico.

— Avrebbe potuto avvertire.... — osservò il principe.

E quantunque quell’osservazione fatta con tono severo, senza riguardo per lei che era sua moglie, ferisse Matilde, un’altra voce ora le diceva: «È vero! Ha ragione!...» Ella stessa, tornata a Firenze, in quell’asilo che le era parso di pace e di felicità, non aveva forse pensato così, quando aspettando lungamente, di giorno e di notte, il ritorno di Raimondo che la lasciava ormai quasi sempre sola, s’era sentita struggere d’ambascia e di paura, non sapendo che cosa gli fosse accaduto, temendo sempre, con l’inferma immaginazione, pericoli e disgrazie? Suo marito, invece, non voleva renderle conto della propria vita, quasi fosse ancora scapolo, quasi ella non avesse nessun diritto su lui, quasi la loro bambina non esistesse! Quella figlia che doveva ancora più stringerli insieme, che per lo meno doveva essere, nel dolore, il gran rifugio della madre, non solo pareva non dir nulla al cuore di Raimondo, ma non bastava neppure a confortare lei stessa, poichè ella non poteva più scusare come nei primi tempi la condotta sempre più sfrenata del marito, poichè non ignorava più che egli la trascurava per altre donne, e poichè questa scoperta le faceva a un tratto sentire il coltello della gelosia.... Ancora una volta, le passate sofferenze le erano parse nulla, paragonate a queste altre. Ella lo amava più che mai d’amore, per gli stessi difetti che gli aveva perdonati, per tutto quel che le costava; e le nuove, più brusche, più aperte dichiarazioni con le quali egli respingeva le preghiere di lei e