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126 | I Vicerè |
e da quel viaggio ella ripromettevasi la fine dell’incomprensibile rancore della principessa; invece, ella ricominciò a piangere allora.... Donna Teresa Uzeda, non potendo prendersela con Raimondo per la dimora da questi stabilita a Firenze, ne aveva rovesciato la colpa sulla nuora; la sua gelosia e il suo odio si erano raddoppiati, le facevano una colpa perfino della nascita della bambina!... Come dimostrare a quella spietata il suo torto? Come persuaderla che suo figlio, contro il piacere di tutti, aveva voluto a forza fare quel che si era proposto? Ingenuamente, il barone non aveva detto che Raimondo era andato a Firenze per far piacere a Matilde?... Ella aveva così apprestato, senza saperlo, una nuova arma alla suocera; per ottenere l’accordo fra il marito ed il padre, aveva scatenato quella furia contro sè stessa....
— La zia di Vostra Eccellenza!
Annunziata dal maestro di casa, mentre il desinare stava per finire, entrava adesso donna Ferdinanda. Tranne il duca, tutti si levarono; la contessa con gli altri; ma la zitellona salutò tutti fuorchè quest’ultima. Pochi minuti dopo sopravvenne don Blasco che per tutto saluto disse: «Ancora a tavola?» e non parve neppure accorgersi di Matilde.... Che era mai, pensava ella, la ostentata trascuranza di costoro, a paragone della guerra mossale, anni addietro, dalla principessa? Non era bastato farsi da parte, non esprimere mai volontà, nè desiderii, nè opinioni: l’odio aveva trovato sempre ragioni di sfogarsi. Esso riversavasi ancora contro l’innocente bambina che aveva il doppio torto d’appartenere al sesso disprezzato e d’esser nata da quella madre; e poichè, rassegnata personalmente a quei trattamenti, la madre sanguinava agli sgarbi fatti alla sua creatura, la principessa s’era messa a perseguitare con speciale accanimento la nipotina. Raimondo pareva non accorgersi di nulla, l’abbandonava più a lungo che a Firenze, non credendo di lasciarla sola poichè ella restava «in famiglia;» e il tormento di quella vita era divenuto in