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118 I Vicerè

cominciò a rovistare sul tavolino, in mezzo ai disegni, nella cartiera, nel comodino. Dov’erano nascoste le cose del disegno? Forse nelle cassette più alte di quell’armadio, dov’egli non arrivava. Intanto, dal cortile, s’udì la campana che annunziava l’arrivo del duca. Egli continuò a guardarsi intorno, a cercare febbrilmente sotto il letto, sotto l’armadio, nella specchiera. Questa era una piccola tavola ricoperta di tela ricamata: sollevatone un lembo, apparve la cassetta. Lì dentro, in mezzo a vecchi pettini, a scatolette vuote di pasta di mandorle, c’era un fascio di carte annodate con un nastro rosso. Consalvo disfece il nodo e sciorinò le lettere. Improvvisamente Lucrezia apparve sull’uscio.

― Ah!... ― gridò, e slanciarsi sul nipote ed allungargli un ceffone fu tutt’uno.

Il ragazzo cacciò uno strillo così acuto, come se lo stessero scannando.

― T’ho detto mille volte di non toccare le cose mie! Non è possibile serbare più nulla! Sono ridotta come se fossi in piazza....

Accorse Vanna, la cameriera, agli urli del ragazzo; ma aveva appena cominciato: «Signorina.... lo lasci andare....» che apparve il principe.

― E per questo alzi le mani sul bambino?

― Se non posso essere ubbidita!... Se non sono padrona di serbare uno spillo!...

Egli sollevò Consalvo da terra, lo prese per mano e disse, lentamente, guardandola bene in viso:

― Un’altra volta, se t’arrischi di toccare mio figlio, ti piglio a schiaffi; hai capito?

Ella rimase un momento come stordita. Visto uscire il fratello, corse a un tratto alla porta, la chiuse sbattendola violentemente e non rispose più a nessuno dei servi che venivano a chiamarla pel desinare. Dovè salire il duca a scongiurarla di aprirgli; alle raccomandazioni, alle ammonizioni dello zio, finalmente proruppe:

― E che pazienza! Sono due mesi che mi tratta